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Giappone: una rivoluzione economica e costituzionale

In Giappone, dopo la vittoria alla camera alta del premier Shinzo Abe del 10 luglio scorso, ci si appresta a vivere un inverno bollente dal punto di vista della politica economica. Dal 2012, premier ha avviato un’intensa attività al fine di uscire dalla situazione di deflazione il paese. Ci è riuscito grazie ad a politiche che sono state oggetto di studio col nome di “Abenomics”. Questo tipo di strategia economica ha consistito nel dare stimoli fiscali quindi con un complesso sistema di detassazione delle imprese, in una politica monetaria di tipo espansivo ed un pacchetto di riforme che hanno coinvolto le imprese. Il risultato? Il Giappone è uscita definitivamente da una situazione di deflazione che stava penalizzando imprese e sistema bancario al costo di aumentare il debito pubblico (cosa che in Europa non è assolutamente concesso ndr).

Dopo aver raggiunto la maggioranza qualificata in parlamento ovvero dei due terzi, il premier Abe, si appresta ora a varare la fase II della sua azione ovvero: un pacchetto di 100 miliardi di investimenti in opere pubbliche e strutturali del paese e una riforma costituzionale.

Sul primo fronte il premier vuole dare un’ulteriore scossa alla propria economia cercando di far aumentare la crescita di oltre il 2% segnato in questi anni. Un campo tortuoso che richiederà anche ulteriori riforme sul mercato del lavoro che, al momento, non è nei piani del partito di governo. Il rischio, manifesta l’opposizione, è che si arrivi ad un rapporto debito/Pil del 202%

Un fronte veramente caldo è quello della Riforma costituzionale. Il Partito Liberal Democratico (Ldp) del premier e gli alleati del Komeito, formazione di ispirazione buddista, hanno raggiunto la soglia dei due terzi, necessaria per apportare modifiche alla Carta. L’obiettivo storico della destra giapponese è quello di modificarla in quanto scritta nel 1947 sotto l’occupazione di potenze straniere e viene vista come una vera e propria umiliazione. L’obiettivo è quello di liberare le forze armate dal vincolo de pacifismo per poter agire nelle crisi del cinese meridionale che oggi può essere possibile solo per “auto-difesa- collettiva” e per “stato di emergenza”. Difatto però sono scappatoie burocratiche per utilizzare l’esercito. Ovviamente il cambiamento della costituzione dovrebbe essere poi ratificato da un Referendum.

Gli obiettivi sono ambizioni ma, come ha dimostrato con gli “Abenomics”, il premier giapponese potrebbe davvero continuare la rivoluzione economica del paese…che oggi sarebbe anche una rivoluzione costituzionale!

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