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Africa, lo spreco degli aiuti: l’80% non serve alla crescita

Africa. Un continente in via di sviluppo o un’opportunità di business? E’ questo il dubbio che sorge leggendo lo Human development report dell’Onu.

Il dossier delle Nazioni Unite evidenzia come in Africa la maggior parte degli aiuti si perdono nel funzionamento di strutture, spesso inidonee allo svolgimento delle azioni a cui sono preposte e nella corruzione. Spesso servono a finanziare gli stipendi dei funzionari delle varie agenzie Onu poste alla vigilanza della povertà proprio in Africa.

I dati dello Human development report

Negli anni che vanno dal 1969 a 2010, grazie a progetti di Cooperazione Internazionale, si stimano circa 135 miliardi di dollari di aiuti. Quasi 100 dollari all’anno per ognuno dei cittadini donatori di tali, impressionanti cifre. Un trilione di dollari all’anno giunti da tutti i paesi.

La nostra nazione dal 2008 al 2013 ha stanziato circa 3 miliardi di euro ed è nella “big five” dei paesi più generosi.

Tuttavia questi aiuti, non sono serviti alla crescita economica dell’africa che ha addirittura un tasso di crescita negativo pari al -0,2%. Questo significa che per ogni euro speso, 20 centesimi si bruciano senza produrre reddito.

Quali sono i problemi della Cooperazione Internazionale?

Innanzittutto gli stipendi dei funzionari. L’Onu paga per l’agenzia Ifad per gli aiuti in Africa un affitto di 400mila euro l’anno a Roma. Una villa sull’Appia Antica. E’ davvero necessaria?

In pratica con i soldi degli aiuti, si alza il tenore di vita di ricchi funzionari dell’Onu.

Ma non solo. In paesi come il Burkina Faso dove la vita media non supera i 45 anni sono stati bruciati circa 50 miliardi di aiuti in progetti che non sono serviti alla popolazione locale per uscire dalla soglia di povertà. E’ il caso di progetti come “i fagiolini” di Kongoussi. Un progetto che mirava a coltivare fagiolini in africa in periodi in cui nel resto del mondo non se ne produceva. Un investimento notevole ma mai decollato in quanto le sementi inviate in Africa non erano commestibili e quindi il raccolto non è stato mai venduto e l’attività è stata un fallimento. Quasi inspiegabilmente i semi sono state sempre di scarsa qualità.

Di questi progetti ce ne sono tanti esempi. La ratio è sempre la stessa, si presentano progetti apparentemente a sostegno delle popolazioni, si ricevono i finanziamenti, magari si costruiscono cattedrali nel deserto in africa e, appena il progetto termina, spesso con un fallimento, la popolazione resta senza nulla.

Ovviamente spesso attivisti africani hanno denunciato questo costume ma, senza risultati e, in alcuni casi, con tragici finali.

Se a dirlo è un report dell’Onu, allora è proprio il caso di una svolta. Forse serve mobilitarsi per sensibilizzare i potenti ed aiutare davvero le popolazioni povere dell’Africa!

 

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Writer, Finance, Creative.

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