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Immigrazione: ridiamo dignità a queste sfortunate popolazioni

Immigrazione. E’ il tema del momento. In questi giorni se ne parla tanto.  Tutti parlano delle decisioni di Trump di bloccare per sei mesi l’accesso agli immigrati di alcuni paesi del medio oriente. Come al solito, c’è chi è d’accordo, c’è chi condanna e c’è chi è indifferente. E c’è chi, purtroppo, ignora che ci sia un problema immigrati. Recentemente ho assistito ad uno spettacolo organizzato dall’associazione Ubuntu di Putignano. Uno spettacolo di Christian di Domenico dal titolo “Nel mare ci sono i coccodrilli”. Portato quasi per caso,  ho ascoltato con stupore la storia di  Enaiatollah Akbari.

La storia di Enaiatollah Akbari

Akbari è un giovane che vive sin dall’età di sei anni una storia commovente. Perde il papà ancora infante per via di un incidente in cui perde un prezioso carico commissionato dai talebani.

Quest’evento lo segna per tutta la sua infanzia. I talebani lo vorrebbero uccidere quale risarcimento dei carico perso dal padre. Una richiesta che lo costringe a vivere in una buca fino a quando la mamma, per salvarlo, lo lascia in un casolare di trafficanti di uomini in Pakistan.

Le sue vicende lo portano a soffrire, alla sola età di 10 anni e di scappare passando attraverso l’Iran, la Turchia e la Grecia fino in Italia dove trova una famiglia che lo aiuta e lo inserisce nella società italiana.  In questi viaggi, viene trasportato nel doppiofondo di un camion per tre giorni, attraversa il mare con un gommone forato vendutogli a caro prezzo, conosce la tragedia della perdita di suoi coetanei, vive la fame.

Questa storia ha suscitato in me una profonda riflessione. Chi siamo noi per giudicare questa gente? Chi siamo noi per elevarci a giudici di queste persone quando non conosciamo le loro storie? Ci vuole tanto per accoglierli e farli sentire degli uomini meno sfortunati?

Quando si parla di immigrazione sembra che tutti abbiamo la soluzione magica. Ma nessuno pone in essere una riflessione profonda sui motivi che spingono questa gente a spostarsi, lasciare famiglia, vivere da mendicanti e sopratutto vivere l’umiliazione di non essere accettati. Il problema è nelle loro nazioni. Piuttosto che espellerli, accogliamoli e ascoltiamo le loro storie. Cerchiamo di risolvere i loro problemi a casa loro. Anche se ci vorrà del tempo.

Spesso ci si dimentica che queste persone hanno una dignità ed una storia. Una storia che noi non vogliamo accettare in quanto ci sembra più facile additarli come “criminali”. Probabilmente se le missioni di pace fossero davvero tali e “i potenti della terra” andassero in queste terre per aiutarle sul serio, non ci sarebbe un problema “immigrazione”. Laddove l’unico problema è l’indifferenza dell’uomo.

Probabilmente se tutti capissimo che ogni uomoha  una dignità e che “fare del bene, aiuta prima di tutto noi stessi e le nostre coscienze”, avremmo risolto già da un pezzo la tragedia di queste popolazioni.

Basterebbe davvero un piccolo gesto. Anche una stretta di mano per rendere lieve la sofferenza di queste sfortunate persone. A volte, ci dimentichiamo quanto fortunati siamo ad essere nati in Italia.

 

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