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Una storia zen: il vero essere è quello che si mostra ogni giorno!

 

Una storia zen. Da tanto non pubblicavamo una parabola. Una storia per raccontare il miglioramento inteso come consapevolezza dei nostri mezzi. Da quando è nata la rubrica zenlife molti lettori ci hanno segnalato storie, racconti, aforismi. Giorno dopo giorno, senza la presunzione di un “Maestro Zen” si cerca su queste pagine di raccontarne alcuni che mettono in evidenza dei principi fondamentali.

Oggi parliamo dell’essere noi stessi. Quello che gli altri riconoscono essere in noi. In tutta la letteratura di psicologia, spesso si è indagato sul carattere. Ma quello che ci si chiede è: “cos’è il carattere?”, “Cosa trasmettiamo agli altri del nostro essere?”. Certamente sono domande a cui è difficile dare risposta.

Il vero succo del buddismo Zen è l’illuminazione. Basterebbe poco per illuminare le nostre menti e trovare le risposte. A volte basta un’aforisma. Chissà. La storia seguente aiuta a capire o a trovare il senso delle parole appena lette. Una parabola zen, tutta da leggere e comprendere.

Il maestro, lo studente e la collera

Alla ricerca di una risposta ai suoi guai, uno studente zen, andò da maestro Bankei. Parlò del suo problema e disse: “Maestro Bankei, io ho certe collere irrefrenabili. Come posso guarirne?”

Il maestro lo guardò e disse con tono sommesso: “Hai qualcosa di molto strano davvero”. Si fermò e disse ancora: “fammi vedere di che si tratta”.

Lo studente, quasi intimorito, non seppe rispondere e disse: “Beh, così su due piedi non posso fartelo vedere”.

Il maestro incalzò con tono più duro: “E quando potrai farmelo vedere?”.

Lo studente, rispose: “Salta fuori quando meno me lo aspetto. Non posso controllarlo”.

Il vecchio saggio allora gli disse: “Ascoltami figliuolo. Quello da cui vuoi guarire, non è una malattia. Non è nemmeno la tua natura. Se lo fosse stata, avresti potuto mostrarmelo in qualsiasi momento. Quando sei nato i tuoi genitori non te l’hanno dato e quindi non l’avevi. Pensaci un po’sopra e cerca di capire cosa alimenta la tua collera”.

Lo studente, illuminato da quelle parole, andò via ringraziando il maestro Bankei.

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